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Tarantismo salentino: la Cappella di San Paolo a Galatina

Introduzione al Tarantismo: tra mito, rito e fede popolare

Il Tarantismo salentino è uno dei fenomeni culturali e rituali più affascinanti del Sud Italia. Radicato nel territorio del Salento, in particolare nella città di Galatina, ha rappresentato per secoli un complesso rito terapeutico e simbolico. Al centro di questa tradizione vi era la convinzione che il morso della taranta, reale o metaforico, potesse provocare uno stato di malessere che richiedeva una cura collettiva. La musica della pizzica, il ritmo dei tamburelli, la danza frenetica e l’intervento religioso formavano un percorso di guarigione che restituiva equilibrio all’individuo e coesione alla comunità. La Cappella di San Paolo, situata nel cuore di Galatina, è stata per secoli il luogo simbolico di questa pratica: un santuario popolare dove fede e rito si intrecciavano, offrendo sollievo alle cosiddette “tarantate”. Comprendere il Tarantismo significa dunque esplorare una tradizione che unisce antropologia, musica e spiritualità.

Origini e significati del Tarantismo salentino

Il Tarantismo non era soltanto un problema medico o superstizioso, ma un vero e proprio linguaggio culturale attraverso cui le comunità rurali del Salento interpretavano e affrontavano il dolore. Secondo la credenza, la puntura del ragno – la taranta – generava uno stato di agitazione, malinconia o prostrazione. La persona colpita, quasi sempre una donna, iniziava a manifestare comportamenti irrequieti, perdita di energia vitale e crisi emotive. La cura consisteva nell’attivare un rituale collettivo: musicisti e familiari si riunivano attorno alla tarantata, creando una trama sonora di pizzica e tamburelli che la spingeva a danzare fino allo sfinimento.

Il rito assumeva significati molteplici: da un lato liberava la persona dall’oppressione del male, dall’altro rafforzava i legami comunitari, offrendo un contenimento sociale al disagio individuale. Gli studiosi lo interpretano come un sistema simbolico capace di trasformare una sofferenza personale in dramma collettivo, rendendo il Tarantismo un fenomeno di straordinario interesse antropologico. Tra i principali interpreti, l’antropologo Ernesto De Martino lo ha definito un “dramma della presenza”, analizzandolo nella sua celebre opera La terra del rimorso come un dispositivo culturale contro la disgregazione della persona.

La Cappella di San Paolo a Galatina e il pozzo miracoloso

Elemento centrale del Tarantismo è la Cappella di San Paolo a Galatina, luogo sacro in cui le tarantate concludevano il loro percorso di cura. Secondo la tradizione, il santo proteggeva chi era colpito dal veleno del ragno e concedeva guarigione attraverso l’acqua di un pozzo custodito all’interno della cappella. Bere o segnarsi con quell’acqua faceva parte del rituale, completando la dimensione religiosa di un processo che univa corpo e anima.

All’interno della cappella si conservano ancora oggi icone sacre, ex voto e testimonianze lasciate dai fedeli. Ogni oggetto racconta storie di fede e guarigione: tavolette dipinte, fotografie, simboli di riconoscenza per un dolore superato. L’altare con l’immagine di San Paolo evoca la protezione non solo dai morsi velenosi, ma dalle ferite invisibili dell’esistenza. La cappella, sobria nelle forme architettoniche, custodisce una memoria viva che continua a ispirare ricerche e visite da parte di studiosi, antropologi e viaggiatori interessati alla spiritualità popolare.

La funzione del luogo non era solo religiosa, ma profondamente sociale: rappresentava lo spazio in cui la comunità si riconosceva, condividendo un rituale che ricomponeva l’armonia interiore e collettiva. Per questo, la Cappella di San Paolo resta un punto di riferimento imprescindibile per comprendere il Tarantismo e le sue dinamiche simboliche.

Eredità contemporanea e memoria collettiva del Tarantismo

Sebbene il Tarantismo, come pratica terapeutica, sia scomparso nella seconda metà del Novecento, la sua eredità continua a vivere nel patrimonio culturale del Salento. Oggi viene ricordato e studiato come espressione di heritage immateriale, riconosciuto non solo per la sua dimensione storica, ma anche per il ruolo che ha avuto nel mantenere coesa la società contadina.

La musica della pizzica, un tempo parte integrante del rito di cura, è divenuta una delle tradizioni musicali più celebri del Sud Italia, protagonista di festival e rassegne internazionali come la Notte della Taranta. Allo stesso modo, Galatina celebra ogni anno la festa dei Santi Pietro e Paolo (29 giugno), che rievoca il legame con la devozione popolare al santo protettore delle tarantate. Entrambi gli appuntamenti sono in attesa del calendario 2025/2026.

Il Tarantismo continua dunque ad affascinare studiosi, musicisti e turisti culturali perché racconta un modello di cura che non separava mai il corpo dalla comunità, il dolore dall’arte, la fede dalla ritualità. Visitare la Cappella di San Paolo e approfondire le ricerche sul Tarantismo significa confrontarsi con un patrimonio vivo, che ancora oggi offre spunti per riflettere sul rapporto tra sofferenza, memoria e identità collettiva.

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